Leggende urbane sul flauto dolce
Di sicuro il flauto dolce è uno strumento didattico eccezionale: costa poco, ha facile emissione sonora, può avere dimensioni adeguate alle mani di un bambino, è facilmente reperibile. Di contro ha un difficile controllo dell’intonazione e una difficile resa timbrica, circostanze che sono all’origine di tanta sua cattiva fama.
Ma è anche uno strumento professionale? Senza voler giocare con le parole, dipende però tutto da cosa intendiamo per “professionale”. Seguendo l'odore dei soldi (ché a farlo si sbaglia di rado), potremmo dire che
è professionista solo chi si guadagna da vivere prevalentemente tramite il flauto dolce
(suonandolo, insegnandolo, scrivendone o tutte queste cose messe insieme). In questo senso di professionisti ce ne sono molti al mondo (e qualcuno in Italia), di conseguenza il flauto dolce è uno strumento professionale.
Questa definizione di “professionista” tuttavia lascia molto a desiderare, poiché elimina tutti coloro i quali fanno un eccellente lavoro con lo strumento, sicuramente di livello professionale, ma senza guadagnarci da vivere.
In effetti, il mio vecchio dizionario Garzanti della lingua italiana riporta due accezioni per il termine professionalità:
- il carattere professionale di un'attività, cioè il fatto che chi la esercita ne tragga un guadagno continuativo
- capacità professionale, competenza; serietà e rigore nell'esercitare un'attività.
La questione sembrerebbe così risolta, eppure sono convinto che questo ragionamento non sia affatto convincente per molti. In effetti, sembra aleggiare un corollario, una precisazione a questa leggenda urbana, ovvero:
Il che vorrebbe dire: il flauto dolce è solo uno strumento didattico, ma ci sono alcuni suonatori talmente bravi da rappresentare delle eccezioni viventi a questo fatto. Ovvero: la presenza di virtuosi è possibile in ogni attività umana, ma questo non cambia il fatto che il flauto dolce non sia, di per sé, uno strumento professionale.
Credo che questa convinzione possa sussistere solo nell'ignoranza, ovvero in chi non sappia quante scuole di formazione professionale per il flauto dolce ci siano al mondo (tantissime!) e quanto molti dei cosiddetti virtuosi in realtà non suonino né meglio né peggio di tanti altri (quasi tutti!).
Se nella mente di una persona è assente la nozione di "professionista" del flauto dolce, è scontato che quando se ne trovi di fronte uno non riesca a identificarlo altrimenti che come un'eccezione, ovvero come virtuoso. È un circolo vizioso, duro a rompersi.